Trofei e Achievement: sono un bene o un male per i videogiochi?

“Ciao a tutti, mi chiamo Carlo, e non platino un gioco da due settimane..”

cit – me stesso

Voglio iniziare questo articolo con una presentazione da alcolista anonimo non a caso, ma per parlarvi di come una feature tanto interessante e ben voluta dai giocatori di tutto il mondo possa diventare, ovviamente in versione ridimensionata, una vera e propria fissazione. Benvenuti nel girone dell’inferno dedicato ai cercatori di trofei.

Io sono quello che la maggior parte di voi definirebbe un completista. Una di quelle persone che porta avanti serie di fumetti orribili solo perché è necessario che abbia tutti i numeri e che non abbandona mai un gioco a metà. Insomma, uno di quelli che non lascerà mai l’ultima fetta di pizza nel piatto e la mangerà pur correndo il rischio di scoppiare succube della sempiterna scusa del “pare brutto”.

Diamine, ora mi è venuta fame...

E un funesto giorno arrivano i Trofei…

Ora che avete inquadrato il soggetto potete capire con quanta gioia e felicità accolsi l’arrivo dei trofei su Playstation 3 nel lontano 2008. Un’entrata, che definire “a gamba tesa” sarebbe riduttivo, la quale tutt’oggi impatta sulla mia esistenza da videogiocatore.

Ma facciamo un po’ di ordine: qualcuno si è chiesto perché esistono i sistemi di achievement? Beh, è presto detto. Le “medaglie virtuali” sono un sistema ingegnoso di gamification che con minimo sforzo permette di estendere la longevità dei videogiochi di moltissime ore.

Prima dell’esistenza di questo sistema, per esempio, nessuno poteva sapere se io, all’interno del mio gioco, avessi trovato tutti i 7000 collezionabili sparsi per le immense lande poligonali di un determinato titolo e, di conseguenza, la mia voglia di completare questa missione suicida era pari a zero. Oggi invece, grazie agli achievement, accanto al nostro account compare un numero, un valore tanto inutile quanto insidioso, che mostra a tutti i nostri contatti il valore delle nostre azioni. Un indicatore di quanto la nostra passione nei videogiochi è forte e imperturbabile.

E voi siete del Team “Platinare” o “Millare”?

Ma è veramente così? Avere più trofei dimostra veramente il nostro talento in un determinato gioco o solo la nostra dedizione nel cercare video su Youtube per completare le più assurde sfide come fossimo scimmie ammaestrate a caccia di una succulenta banana?

Purtroppo, cari i miei lettori, nella maggior parte dei casi la risposta esatta è la seconda.

Ma non esiste un trofeo buono senza la sua controparte malvagia…

Vi basterà girare un po’ su internet per scoprire intere community di player a caccia del gioco più facile da platinare, collezioni di bug e glitch per ottenere i trofei barando e tante altre realtà che dimostrano come l’importanza che molti di noi diamo alle “medaglie virtuali” è del tutto mal riposta.

E’ tutto uno stupido stratagemma che architettiamo per dimostrarci che le ore spese davanti a quegli schermi abbiano un senso. Tutto per dire a noi stessi che l’ottenimento di un premio sia capace di conferire valore aggiunto al nostro tempo. Tutto per mostrare agli altri che siamo nel giusto, che non stiamo buttando la nostra vita nel raggiungimento di stupidi obiettivi virtuali, ma che tutto questo ha un senso più grande.

Ditemi, ad esempio, in quale universo l’ottenimento del trofeo “Collezione di un collezionista” di Lost Planet 2, che richiede l’ottenimento dei 100 nomi da battaglia tramite l’utilizzo di una slot machine virtuale, un’operazione della durata pantagruelica difficile addirittura da stimare, renderebbe un giocatore migliore di un altro?

Lost Planet 2 porta con se la lista trofei più ripugnante e irrispettosa del nostro secolo, e nel secolo scorso non esistevano nemmeno.

Ma, pur essendo tutto ciò tanto vero quanto faticoso da ammettere, c’è anche un altro lato della medaglia.  I trofei mi hanno permesso tantissime volte di rimettere mano a videogiochi che avevo abbandonato, di scoprirli maggiormente e di spolparli fino all’osso. I trofei sono stati capaci di mettermi a dura prova, di pormi davanti a sfide complesse e, nel superarle, a farmi urlare di gioia e soddisfazione.

Terminare Uncharted 4 a difficoltà Devastante mi ha permesso di apprezzarne il curatissimo level design e di sfruttarne tutte le sue peculiarità. Platinare Dark Souls 2 mi ha reso una vera  macchina da guerra con riflessi d’acciaio e profonda conoscenza delle mappe di gioco. Raggiungere l’ultimo livello di Miticaggine (non avrei mai pensato di scrivere questa parola) su Rayman Legends giocando quotidianamente per oltre due mesi a quel maledettissimo gioco mi ha dimostrato quanto un obiettivo irraggiungibile, affrontato giorno per giorno, possa arrivare ad essere a portata di mano.

Si, l’ottenimento di alcune lauree richiede meno dedizione del Platino di questo stupendo gioco

 La verità, anche in questo ambito così marginale e considerato stupido da molti, va cercata nel mezzo. Dovremmo tutti chiederci, quando vogliamo platinare un gioco, il motivo per cui vorremmo farlo. Per dimostrarlo agli altri? Per far vedere che il nostro tempo non è tempo perso? Oppure per metterci alla prova e per dimostrare il nostro talento? E soprattutto, mentre affrontiamo queste sfide è necessario domandarsi: mi sto ancora divertendo?

E voi che ne pensate dei trofei?

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