Le emozioni fuori fuoco di Old Man’s Journey

Una lettera improvvisa raggiunge un anziano nella casa sul mare in cui vive da solo. Preparatosi in quattro e quattr’otto, l’uomo indossa uno zaino, e parte. Non ne conosciamo il motivo, ma siamo al suo fianco, dall’altro lato dello schermo. Sulla carta Old Man’s Journey, il titolo di Broken Rules disponibile su diverse piattaforme e in primis su mobile, sembrava avere le basi per convincermi. Un piacevole stile grafico, vibrante, una musica dal trailer (qui) piena di speranza e brio. All’atto della prova del gioco, su Nintendo Switch, purtroppo le premesse molto positive, e anche confermate, sul piano artistico, si sono scontrate con un risultato finale che non mi ha convinto.

Visivamente Old Man’s Journey è piacevole da gustare, ma i suoi punti deboli risiedono altrove.

L’interazione di Old Man’s Journey

Parliamo del gameplay. In questo titolo, occorrerà accompagnare il protagonista lungo diversi quadri, o livelli, da attraversare indicando progressivamente una destinazione. Puntato un indicatore, l’anziano seguirà il percorso, o… a volte si fermerà, con un piccolo punto interrogativo in testa, indeciso sul da farsi, perché la strada è incompleta. Ci saranno infatti vari dislivelli ad attenderci, che bloccheranno il transito, ed ecco la base del sistema di gioco: potremo interagire con colline e alcune piattaforme, per alzarle o abbassarle (ad eccezione della piattaforma su cui si trova il protagonista), trascinandole. Una sorta di “mano divina”, se vogliamo, con cui modificare lo scenario. Così, creeremo un cammino per il viaggiatore, che potrà avanzare.

Un tipo di interazione che ho apprezzato in Old Man’s Journey è con alcuni elementi secondari a schermo: ad esempio, potremo toccare delle finestre di un balconcino a cui è affacciata una signora per chiuderle, e dopo qualche secondo la poveretta le riaprirà furiosa. Ancora, magari potremo accendere una radio. Purtroppo, questi momenti risultano limitatissimi. Le poche interazioni che hanno effetti sul percorso sono con dei gruppi di pecore (a volte buggate) e delle ruote per distruggere muretti, ma non riescono a dare mordente al gameplay, che perde presto la sua carica.

Capitano anche occasioni in cui ci troveremo su mezzi di trasporto, e bisognerà modificare il paesaggio per allineare binari o strade. Anche qui, lo stimolo positivo dura poco, e il viaggio diventa più tedioso che interessante. Forse, ma parlo per ipotesi, un’avventura più breve, ma con maggior interazione con l’ambiente, e puzzle più curati, avrebbe avuto un diverso impatto. A conti fatti, l’idea alla base del gameplay del titolo invecchia piuttosto in fretta, e durante la campagna poco viene fatto per allontanare questa sensazione, che va a minare la qualità generale dell’esperienza.

Una questione di “ritmo”

Un fattore vitale è la durata di Old Man’s Journey, circa un’ora e mezza: ebbene, dopo i primi dieci minuti di stupore, la mia esperienza è diventata presto un chiedermi “Ma quando finisce?”. Non si tratta di pretendere faville o capovolgimenti improvvisi, che in un gioco del genere forse sarebbero fuori luogo, ma a costruire un’avventura più misurata nelle sue parti. Il lento The Stillness of the Wind (esplorato in questo articolo), diverso nella durata, introduce dettagli ed elementi con una certa cadenza, costruendo un crescendo in un’architettura posata.

Per intenderci, un’esperienza di dieci minuti, se in armonia nelle sue parti, può lasciare soddisfazione, pensiamo ai giochi sviluppati durante una Global Game Jam (vi linko questo articolo di Player.it al riguardo). Un titolo che cito spesso è Florence (di cui parlai qui), che nei suoi 30 minuti circa racconta una storia compiuta e con un gameplay basilare e carino. Nel caso di Old Man’s Journey, alla bellezza di scenari, musiche e artwork dei ricordi, non si accompagna a mio avviso un gameplay in grado di catturare, e la durata dell’esperienza, in questo caso a mio avviso eccessiva, contribuisce ad affossarla e renderla meno piacevole.

Ritorno

Non è purtroppo uno sprone sufficiente la storia, abbastanza prevedibile nello svolgimento, raccontata attraverso flashback nella forma di balloon quando il protagonista si ferma a riposare alla fine di ogni livello. Il viaggio, che comincia su note scanzonate, ci mostrerà una vita in cui l’uomo ha fatto delle scelte di cui ora si pente, e rappresenta un percorso che condurrà ad un momento fondamentale di svolta.

Il paesaggio in alcuni casi sembrerà quasi riflettere lo stato d’animo, con un momento di crisi che porta verso la fine a quello che considero il quadro più interessante, immerso nell’acqua e sospeso nel sogno. Purtroppo si tratta dell’unico guizzo in un panorama che considero poco efficace: anche il finale, dolceamaro, non è riuscito a smuovere le corde giuste, e sembra quasi insistere nel volerci commuovere, senza aver creato le giuste premesse; questo a causa di un cammino che, lo ripeto ancora, non mi ha affatto convinto.

Tra i titoli con elementi puzzle che a mio avviso sono risultati più a fuoco, e che consiglierei, risultano Monument Valley, Year Walk, e il già citato Florence. Tutti diversi nelle tematiche, ma secondo me più compiuti perché riescono a coniugare presentazione e meccaniche di gameplay: un bersaglio che purtroppo Old Man’s Journey, a mio avviso, manca.

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