Frammenti dell’Interregno – Diario di Viaggio di Elden Ring, Capitolo 2

Prefazione al Diario di Viaggio di Elden Ring

Elden Ring è stato pubblicato il 25 febbraio 2022. Questo articolo è parte di una serie in cui condivido le avventure nell’Interregno creato da From Software, attraverso brevi racconti narrati dal personaggio che ho creato, Parelion. Da qui il titolo Diario di Viaggio. Se vi manca, trovate a questo link la prima parte. Seguiranno, ovviamente, spoiler.

Non si tratta della versione esatta, e per brevità vari passaggi saranno più veloci, ma è un esperimento che mi diverto a scrivere, e spero possa piacervi e appassionarvi. Riguardo la lore, quelle che faccio sono supposizioni in progress attraverso la voce del personaggio. Buona lettura!

CAPITOLO 2 – Appartenere

La Tavola Rotonda mi accoglie con calore. Una grande stanza riscaldata da un camino, e al centro armi della più varia fattura che svettano, simbolo di chi è passato per questo luogo e le sue molteplici stanze durante più viaggi. La missione di questa congrega è raccogliere i frammenti di Rune Maggiori per arrivare infine all’Anello Ancestrale, guidati dalla grazia. Tra tutti, chi supererà le battaglie più ardue potrà forse divenire Lord Ancestrale, e dare all’Interregno la forma che desidera, salvarlo, o condannarlo ad un fato peggiore.

Il patto di non aggressione che vige protegge ogni ospite, e calma gli animi dei Senzaluce che vi sostano. Il capo di questa congrega, l’onnisciente Sir Gideon Ofnir, ancora non desidera condividere i suoi segreti con me, ma sembra nutrire speranze per la mia missione di Senzaluce. Una scintilla traspare dai suoi occhi. Si tratta forse del primo raggio di luce di questa giornata, iniziata non sotto i migliori auspici…

Nel mio viaggio, un labirinto di pietra ad est di Primo Passo, il luogo di grazia da cui è iniziato tutto. Attraverso vari nemici, ero giunto ad un forziere, che speravo potesse darmi qualche utile manufatto per il mio viaggio… tuttavia, celava una trappola magica, che mi ha trasportato in un luogo sconosciuto. In una sorta di miniera, ho dovuto farmi strada tra esseri ben più forti di me, come insetti scheletrici, e degli uomini dalla pelle ruvida come pietra, che scavavano nella roccia alla ricerca di materiali da forgia.

Il fabbro della Tavola Rotonda, incatenato, è della loro stessa specie. Il suo nome è Hewg, e conosce bene le vie del metallo: in cambio di alcune rune, accetta di dar nuovo vigore al mio spadone del vassallo. Mentre lavora, ripenso alla palude in cui ero emerso, dalla miniera. Le terre del Caelid, preda della marcescenza, una maledizione che reclama le carni e le contamina, donando una morte tra le più dolorose. Tempo addietro, il deserto a est, ora inaccessibile, fu teatro della battaglia tra i semidei Malenia e Radahn.

Grazie alla mia fidata cavalcatura, Torrente, ho potuto affrontare la palude senza restarne contaminato, trovando finalmente riposo in un luogo di grazia. Prima di tornare a Sepolcride, Melina è apparsa e mi ha fermato. Nelle sue parole ho sentito rimorso. Ammette di non aver davvero dato fiducia alla mia forza, e di avermi messo alla prova. A quanto pare, la mia disavventura con la trappola magica e l’essere sopravvissuto sono stati segni della mia capacità di prevalere sulle difficoltà, quindi ha voluto premiarmi con l’invito alla Tavola della Grazia perduta, accessibile solo sfruttando i legami tra i luoghi di grazia.

Catalogo della Tavola

Il suono del martello di Hewg mi riporta al presente. Dei Senzaluce qui riuniti, restano nascoste le vere motivazioni, e chissà se potrò fidarmi di tutti. Corhyn è uno studioso di incantesimi, derivati dalle Due Dita. A quanto sembra, queste sono un’entità che guidava le azioni dell’Ordine Dorato, e quindi dei Senzaluce affiliati alla Tavola Rotonda.

In una stanza, incontro Fia. La Senzaluce richiede un semplice, innocente abbraccio, promettendomi una protezione magica in cambio. Non sono in cerca di conforto, tuttavia accetto, e stringo poi tra le mani una benedizione magica che potrebbe aiutarmi nel momento del bisogno. Alcuni Senzaluce, come il servitore diretto di Sir Gideon Ofnir, e un cavaliere mascherato, preferiscono non rivolgermi la parola. Ben più gentile è Diallos, apparentemente un nobile, in cerca di una sua servitrice. Capisco che la possibilità concessami da Melina di visitare questo luogo sospeso nell’Interregno sia per sfruttare i servigi di mercanti e stringere legami, che spero possano risultare fruttuosi. Non so se posso chiamarlo una casa, come il luogo che abitavo nella mia precedente vita al di fuori dell’Interregno, ma indubbiamente vi tornerò spesso.

Tra gli ospiti non vedo Renna, misteriosa figura che avevo incontrato nella chiesa di Hellen, in una notte di luna piena, e che mi ha affidato una campana per evocare le ceneri di spiriti. Magari non è una Senzaluce? Mentre parlava con un tono calmo ma che nascondeva determinazione, le sue quattro mani sembravano in grado di afferrare ogni cosa, persino l’astro che brillava di luce riflessa nel cielo. E dietro al suo volto ceruleo, sembrava splenderne un altro.

Forse non la incontrerò mai più, come mi aveva detto.

Ossa

Il mio viaggio riprende dalla palude di Caelid. Un’aria malsana pervade questo posto, un misto di putrescenza e veleno. La città magica di Sellia, che un tempo doveva essere piena di vita e traboccante miracoli, è ora un cimitero di spiriti irrequieti. In lontananza, scorgo enormi cadaveri di draghi. Gli esseri viventi più attivi sono enormi volatili, che forse per aver assorbito la forza degli sputafuoco staccandone un brandello alla volta, sono diventati colossali, e grotteschi.

In una prigione nascosta in una grotta mi attende l’inaspettato. Minute guardie, i masnadieri, mi assalgono da ogni lato, ma il vero orrore sorge quando, per sbloccare un passaggio nelle grotte, libero i prigionieri nelle celle. I loro lamenti, che mi hanno accompagnato nella mia prima esplorazione, si trasformano ora in urla, mentre si trascinano verso di me con i loro corpi in fiamme, vittima di chissà quale oscuro e terribile destino. Cosa posso fare, se non difendermi e dare loro la tanto desiderata quiete?

Mi rendo conto che le mie attuali forze non mi bastano per affrontare questa regione, dunque rivolgo il mio sguardo a est, con l’intenzione di tornare a Sepolcride cavalcando.

Ad un certo punto, scorgo un villaggio in rovina, abbandonato. Secondo le mie informazioni, dovrebbe trattarsi di Idrocanto. Mentre esploro, gli zoccoli di Torrente muovono dolcemente l’acqua che ha invaso le fondamenta del luogo, per decine di centimetri. C’è qualcosa di spettrale nell’aria, e ne trovo conferma quando i miei occhi si posano su una figura quasi irreale. Seduta su una piccola barca, incappucciata, si volta verso di me, e nei suoi occhi vuoti da scheletro vedo una luce sinistra. Potrei scappare, ma questa possibilità mi viene preclusa quando l’essere, agitando l’enorme remo con cui fa avanzare il suo mezzo, grazie ad una qualche magia evoca scheletri dal mondo dei morti, che ci circondano. Ha compiuto la sua scelta.

Torrente non appare turbato da quel che sta accadendo, e decido che sarà la mia chiave per la vittoria in questa battaglia. Le lance dei soldati rinati non riescono a raggiungere la nostra velocità, e posso avvicinarmi per attaccare direttamente il loro padrone.

In difficoltà, il marinaio sfrutta il proprio potere per sollevare la barca, e poi si rilancia verso il basso, senza timore di colpire i suoi alleati, che comunque torneranno. Mi rendo conto che i soldati sono legati a lui contro la propria volontà, perché chi seguirebbe il comando di qualcuno che non mostra alcun rispetto verso chi dovrebbe guidare?

L’assalto del nemico, fallisce, e dopo alcuni colpi, lo scontro termina. Resta una cenere, che potrei usare per evocare, ironicamente, gli stessi spiriti sfruttati dal marinaio. Mi rigiro tra le mani la campana donatami dalla strega, e infine la faccio risuonare. Nelle cavità dei due scheletri ora ai miei servigi non traspare volontà, se non quella di combattere il primo nemico a vista. In ogni caso, decido di rivolgere loro un inchino, come per presentarmi. Non so se, nella loro esistenza di ceneri non reclamate dall’Albero Madre, possano riconoscere questo gesto, e magari lo faccio solo per me stesso. Dopo breve, tornano ad essere cenere, e mi riprometto di richiamarli solo in caso di bisogno. Col mio fischietto faccio apparire Torrente, e mi rivolgo a sud, verso la penisola connessa a Sepolcride da un ponte.

Continua…

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